Il mondo della narrazione è pieno di casi in cui si racconta di qualcosa di spiacevole, di qualcosa che non ha funzionato o peggio ancora di un disastro, ma alla fine si giunge (quasi) sempre al lieto fine che mette tutti d’accordo. Purtroppo non è quello che riguarda la storia di Atlantic City, la seconda Las Vegas d’America della quale per ora si può solo raccontare di 10 anni di disastri e la luce pare essere ancora molto lontana.
Dal 2006 ad oggi, perso per strada metà del fatturato
Tutto è iniziato con il crack finanziario dello scorso decennio che ha innescato una vera e propria debacle, introducendo gli Stati Uniti e i suoi cittadini in un vortice di eventi davvero terrificante. Sistema bancario al collasso, clienti insolventi, mutui non pagati e ovviamente tutto ciò si è ripercosso negativamente su tutte le attività economiche del paese: un vero disastro.
Atlantic City comincia così a perdere pezzi: meno giocatori che giocano sempre e meno e così cominciano i primi tagli di personale nei casinò, poi le prime chiusure per giungere fino ad oggi, quando di quella fiorente città del divertimento restano poco più che le macerie. Due terzi dei casinò sono ormai chiusi e i restanti riescono a sopravvivere solo per mancanza di concorrenza: solo 10 anni fa il triplo delle attuali strutture riuscivano ad andare a gonfie vele.
Una città che poteva vantare nel 2006 incassi derivanti dal solo gioco d’azzardo per 5,2 miliardi di dollari all’anno, oggi si ritrova ad incassarne poco più di 2,7 (dati della raccolta 2014) e in questo 2015 seppur si possa auspicare ad una timida ripresa le cose non sono andate bene comunque e non si può certo parlare di un periodo negativo finito e di ripresa, anche perchè i dati sulla raccolta sono influenzati dal mercato online che sta da un certo punto di vista sostenendo il “cugino” terrestre.
Come è possibile che in tutto il mondo si continuino ad aprire casinò e in questa Mecca dell’azzardo non si riesca a ripartire? Difficile dare una risposta, fatto sta che la gente non pare più essere attratta da questa location, che ormai viene percepita in maniera diversa, un po’ come qualcosa di ormai legato al passato, di fermo, statico, triste.
Servirebbe e di una campagna di marketing di quelle veramente azzeccate per tornare allo sfarzo di un tempo o forse servirebbe rassegnarsi all’idea che i tempi d’oro sono ormai andati e occorre pensare a come rendere sostenibile ciò che la città è in grado di avere oggi, piuttosto che inseguire un passato che ormai è andato e che difficilmente ci sarà modo di riagguantare.